lunedì 29 ottobre 2007

"L’armonia terrestre nostra vocazione" di Jacques Ellul


Dio creò un giardino che si chiamava Eden per porvi l’uomo. Al centro di tutta la creazione, in mezzo agli astri e al cosmo, crea un Eden, che è un giardino, e il cui nome significa voluttà, delizie, piacere. Terra, nostro Eden, nostro piacere, e tutto infatti vi era concepito per il piacere dell’uomo. Tutto vi era buono, bello, armonioso e puro, compresa la voluttà. Poi, lo strappo. Ma questa terra, questo luogo unico fatto per lui, è destinato a questa corrispondenza e a questa gioia. Se non lo è più, bisogna che lo ridiventi.


La terra, nostra sola patria

Perché questa terra, fragile e straziata, nostro solo luogo, è la nostra sola patria. Bisogna, qui, protestare energicamente contro l’assurda pretesa dell’uomo di colonizzare la “galassia” e di insediare colonie sugli altri pianeti o piazzare delle stazioni orbitanti nell’universo. I romanzi avveniristici ci mostrano spesso queste colonie di esseri umani emergenti da un altro pianeta per fuggire da una terra divenuta inabitabile. E io dico no. No, perché si tratta di “colonizzare” lo spazio. Non avete ancora capito cosa vuol dire “colonizzare”? Non avete ancora capito, dopo la colonizzazione dei paesi africani del nord da parte dell’islam e quella del resto dell’Africa da parte dell’Europa? E la colonizzazione degli indiani ad opera del melting-pot americano! E la colonizzazione dell’America del Sud da parte degli spagnoli e degli inglesi? Non avete ancora capito che ogni colonizzazione causa un duplice disastro, quello del colonizzato e quello del colonizzatore? Non sono niente queste esperienze, quando non c’è stata una sola colonizzazione felice? E volete colonizzare lo spazio, ma cosa installerete in questo spazio? In realtà, e innanzitutto, un fenomenale macchinario bellico. Ecco il senso delle fabbriche nello spazio e dei satelliti delle comunicazioni. Tutto vi è votato alla guerra.
Ritornate, dunque, sulla terra e lavorate per rendere questa terra umana e vivibile. Perché questa è la nostra via d’uscita. La terra è il nostro solo luogo. Ritrovate la gioia della terra. Invece di odiarla a causa delle sue catastrofi e di distruggerla con lo sfruttamento dell’industria agricola, delle risorse minerarie degli idrocarburi, invece del delirante spreco di queste ricchezze lentamente accumulate per milioni di anni e che noi esauriremo in alcuni decenni. Contemplate la pienezza della campagna, la grandezza dei monti, la maestà dell’oceano e il mistero della foresta. Questo è fatto per voi, se sarete abitanti i quali ricevono tutto il necessario per essere felici, come lo stato l’uomo per millenni. Ma questa terra, dopo lo strappo, non è soltanto il giardino, bensì anche il luogo di drammi e catastrofi. Ecco l’opera che l’uomo deve realizzarvi: restituire la nostra sola patria a se stessa. Ponendovi l’uomo, Dio gli ha dato questo solo ordine: coltivare e custodire, questo è tutto ciò che dobbiamo fare. Coltivarla bene, in modo da non esaurirla, né renderla orrenda, né snaturarla; custodirla bene, al contempo contro se stessa, in modo da restituirle la sua perduta armonia, e contro noi stessi, in modo da trovare in essa il limite e la misura della nostra hybris! L’uomo misura di tutte le cose, certo. Ma anche la terra, nostro giardino, è la misura di ogni cosa, ossia delle azioni ragionevoli e consentite all’uomo. Avremmo dovuto vezzeggiarla, farne l’oggetto della nostra scelta e della nostra dilezione, per renderla più amena e più conforme allo spirito della sua creazione. Si trattava di armonia. Ma ecco, ancora una volta abbiamo preso una strada radicalmente sbagliata. Da mezzo millennio a questa parte, l’ingegno dell’uomo si è orientato verso la conquista, lo sfruttamento, la grandezza, mentre la sua vocazione era l’armonia. Abbiamo cominciato a distruggere per avere di più. Accumulare beni e distruggere tutto, perdendoli. Stiamo smembrando il giardino, e presto la nostra terra, se continueremo a divorarla così, non sarà altro che un mucchio di ossa senza vita. Le ultime tracce dell’Eden stanno sparendo. È un discorso ecologico? Temo piuttosto che sia un’elegia sulla morte della terra, e non era questa la nostra vocazione di uomini. Eravamo piuttosto chiamati, e lo intuiamo confusamente, a creare un’armonia, un equilibrio, una giusta ripartizione delle forze e dei mezzi, una equa divisione dell’abbondanza terrestre. Ma questa preoccupazione fu soffocata dalla potenza.

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